Friday, September 28, 2012

La parola del giorno: Penge / 1 - kontanthjælp


Ciao a tutti, 

il mio internet sta facendo le bizze (sarà che non si è ancora adattato al passaggio dall’estate all’autunno danesi?) e quindi purtroppo non riesco a postare alcun video...Comunque, colgo l’occasione per ringraziare chi mi ha contattato in privato e su Facebook proponendo nuovi argomenti per i video: sono stati suggerimenti davvero preziosi, è sempre bello sapere cosa ne pensate dall’altra parte dello schermo. 


Tuttavia, avevo promesso un altro post sull’argomento kontanthjælp e quindi ne approfitto. Ho preso spunto da due reality shows (o come li chiamano qui, dokumentar = documentario) che ho visto in televisione, in cui si seguivano le vite di due persone molto diverse e per certi versi sono due estremi: una donna di poco più di quarant’anni in cerca di lavoro e Robert, che lavoro non lo cerca proprio.

Apro una piccola parentesi sul kontanthjælp (letteralmente contante=kontant e aiuto=hjælp), l’ultima ratio in termini di stato sociale danese: in caso una persona (con almeno 8 anni di residenza in Danimarca di cui ha lavorato almeno 2 anni e mezzo) sia senza lavoro, senza Akasse e con meno di 10.000 corone di patrimonio mobiliare o immobiliare, può accedere al kontanthjælp a patto che sia iscritto ad un Jobcenter (e diventa cosi un kontanthjælpmodtager: un beneficiario). I kontanthjælpmodtagerein Danimarca sono circa 170mila individui. Il minimo è 3.214 corone per gli under 25 che vivono con i genitori (una sorta di paghetta statale), mentre il massimo  è 13.732 corone per adulti senza lavoro. Come fare per il kontanthjælp? Occorre rivolgersi al Jobcenter del proprio comune.


Torno ai due esempi. Purtroppo non mi ricordo il nome della prima ma era un caso che mi ha colpito. Confesso che inizialmente mi sono sentito quasi “tradito” dalla Danimarca. In breve: lui ha un buon lavoro, lei è una segretaria d’azienda che non ha lavoro da due anni, di cui l’ultimo anno senza nemmeno colloqui. Loro hanno due figli ed una casa medio grande non lontano da Copenhagen. La sua Akasse, di lei, sta per finire, dopo due anni. Durante il documentario, lei va a due colloqui ma non riesce ad avere il lavoro. Dato che hanno casa e macchina, lei non può ricevere il kontanthjælp e sono costretti a vendere la macchina per non finire in perdita a fine mese. Ma come? La Danimarca non era il paese dove comunque nessuno muore di fame? Eppure se vuoi che lo stato ti garantisca la sopravvivenza…devi vendere casa, macchina etc., finire i soldi del ricavato ed infine interviene il kontanthjælp. Pensandoci meglio, è proprio questo lo spirito del kontanthjælp: nessuno muore di fame. Certo, fa male pensarlo nel caso ci fossimo noi: per me la casa è sacra e dovere vendere la casa nel caso non si abbiano soldi sembra un copione di un film americano. Tuttavia, questo non vuol dire che lo stato (cioè i taxpayers, per dirla all’americana) debbano garantire a tutti di avere una casa di proprietà.  

L’altro esempio “estremo” è Robert Nielsen, per i fans “Dovne Robert” (il pigro Robert), che è diventato in pochi giorni una celebrità. In particolare, Robert ha 44 anni e vive di kontanthjælp da 11 anni, dicendo che quella somma gli permette sfuggire allo sfruttamento e dall’accettare lavori sottopagati, che lui identifica in lavori pagati meno di 100 corone all’ora. Facciamo un rapido conteggio: 37 ore di lavoro alla settimana per quattro settimane al mese fanno circa 100.000 corone nette all’anno (ho fatto un calcolo approssimativo), cioè poco più di 8.000 corone nette al mese. Certo, non si potrebbe vivere in centro a Copenhagen, si dovrebbero fare rinunce e soprattutto bisognerebbe svegliarsi tutti i giorni ed andare a lavorare anche se non se ne ha voglia.
Non voglio fare il moralista, per carità, il disagio dei giovani che non trovano (ed alcuni nemmeno cercano lavoro) non può essere semplificato. Ma Robert no. Robert è riuscito a stare disoccupato negli anni 2000 in Danimarca, dove la disoccupazione era dello 0,2%. Bisogna impegnarsi. Se Robert può vivere senza lavorare è perché molti, invece, si svegliano controvoglia per andare ad un lavoro che li disgusta e li sottopaga perché credono davvero che il lavoro nobiliti, cioè lavorano per vivere e per far vivere Robert. Fortunatamente, la favola ha un lieto (?) fine. Robert ha trovato un lavoro all’altezza delle sue aspettative, anzi due: sarà colonnista (sì signori, giornalista) per DR2 e BT, una rete televisiva ed un giornale locali.

Ho sempre pensato di avere una visione molto nordica dello stato sociale: uno stato che si rispetti dovrebbe garantire a tutti la sopravvivenza, dovrebbe garantire a tutti di avere le stesse possibilità di realizzarsi e dovrebbe anche essere solidale fiscalmente e culturalmente. La Danimarca ci è generalmente riuscita, anche se conserva un certo paternalismo e pedagogismo culturale di fondo. Come tutti i welfare states che si rispettino, anche il welfare danese parte dal presupposto che tutti vogliano lavorare e vogliano contribuire allo stato sociale. La vera radice dello stato del welfare implica che i paganti siano in maggior numero dei beneficiari. Per questo, trovo giusto (anche se rode) che lo stato non debba pagare la casa di una famiglia che sta vivendo al di sopra delle proprie opportunità, almeno temporalmente. Trovo anche giusto che non si debba pagare Robert. Per usare le parole di un politico conservatore locale (non che sia un suo fan…) “è un diritto non volere lavorare; tuttavia non mi sembra giusto non lavorare a spese di tutti gli altri che lavorano”.

Sarà per questo che da molte parti ormai viene predicata una riforma del kontanthjælp che vadano verso un maggiore coinvolgimento dei beneficiari. Cioè, che si riduca il rischio passivo : si prevede che per i beneficiari il dovere di accettare lavori offerti dal Jobcenter con un massimo un mese di totale assenza dal lavoro), il dovere per gli under 30 senza istruzione superiore di iscriversi a corsi professionalizzanti.

I soldi, si sa, non fanno la felicità, però sappiamo anche che aiutano. Dati i brutti tempi, le televisioni ed i giornali danesi stanno dedicando molta attenzione al “penge”.  (E non preoccupatevi, non ha una pronuncia strana…si pronuncia proprio come si scrive: penge, con un accento acuto sulla prima vocale, qualcosa tipo pénge). Questo post ha un /1 perché vuole essere il primo di due dedicati a condividere con voi la concezione del penge in Danimarca. O almeno, quello che credo di averne capito io.

Ci diciamo sempre che uno dei fattori positivi della Danimarca è quello di avere una società quasi senza classi, nel senso che a nessuno importa che lavoro si faccia o che posto si occupi nella scala sociale, data che le relazioni sociali non si costruiscono su questa base. Personalmente, credo anche che la Danimarca sia ancora uno dei pochi paesi al mondo dove il semplice fatto di avere un lavoro garantisce la possibilità di una vita indipendente, incluso una casa. Non importa che lavoro si faccia. Insomma, sembra che il lavoro in Danimarca nobiliti davvero.

Un abbraccio a tutti ed ancora scusate per la lunghezza, avevo poco tempo.
Francesco

Monday, September 17, 2012

Donne donne...oltre alle gambe c'è di più

Ciao a tutti!
Di ritorno un weekend a Copenhagen, avere rivisto alcuni amici ed avere salutato un amico che se ne va, torna la rubrica sulle notizie danesi...dopo la pausa estiva ed una piccola riorganizzazione del blog (che assomiglia sempre di più ad una rivoluzione permanente...), anche i giornali di carta e via etere in Danimarca hanno ricominciato a viaggiare a pieno regime.

La notizia più interessante, o almeno distante da quello che siamo abituati a vedere, è la ledership dei partiti che compongono la maggioranza in Danimarca (il Rød Blok, il blocco rosso) sono tutte donne, di età compresa tra i 28 ed i 45 anni. Il primo ministro (Helle Thorning-Schimt) e la leader di Radikale Venstre (Margrethe Vestager) hanno sorpassato la quarantina, il segretario di SF è sulla trentina mentre la portavoce di Enhedslist (lista di sinistra ecologista senza un segretario ma un comitato di segreteria coordinato da un portavoce) è intorno ai 28 anni. La più recente in questo "club delle quattro" è il segretario di SF (Astrid Krag, trent'anni, due bambini, sposata con un rapper locale), in sostituzione di Villy Søvndahl, il ministro degli esteri anti-europeista (???) e dall'inglese...originale e di cui molti volevano la testa.

Premetto che il punto positivo di questo quartetto non mi pare il fatto che siano tutte donne: è sicuramente un buon segnale, sebbene più folkloristico che altro in un paese dalla avanzata parità come la Danimarca. D'altronde, non sono mai stato un sostenitore delle discriminazioni positive, perché dovrebbero essere temporanee ma sono, al contrario, difficili da fermare e tendono a diventare permanenti. Meglio una donna o un uomo al governo? Meglio uno bravo. Io preferisco una persona capace di ricoprire un ruolo le cui decisioni avranno un impatto sulla mia vita. Che sia uomo o donna, sinceramente, non mi interessa più di tanto.

Piuttosto, ciò che mi colpisce in positivo è la varietà delle età del quartetto. La bontà di una classe dirigente si misura proprio, a mio avviso, dalla capacità di proporre ed accogliere diverse istanze. Ci diciamo spesso di come i danesi siano chiusi all'esterno, a quanto pare sono tuttavia molto aperti e mobili all'interno. In Italia ci lamentiamo che sono sempre i soliti, no?

Proprio l'età, d'altro canto, è a mio avviso un punto debole. Per esempio, Johanne Schmidt-Nielsen, la portavoce di Enhedslisten, ha recentemente finito l'università ed il suo lavoro è stato da sempre la politica (chapeau, comunque: riuscire a finire gli studi mentre ti fai eleggere in Parlamento non è da tutti). L'attuale ministro delle Finanze della Danimarca ha 26 anni. Non voglio dire che è necessario essere laureati per essere in Parlamento (e comunque non vuol dire che si sia intelligenti): occorre passione, capacità di trasmettere ideali, carisma, credere nelle proprie idee ed una buona dose di fortuna per essere eletti. Tuttavia, io preferirei che decisioni importanti venissero affidate a chi avesse almeno un po' di esperienza lavorativa, conosce la situazione dei lavoratori che vuole difendere, soprattutto a sinistra, conosca la difficoltà di far quadrare bilanci e risorse, abbia provato la responsabilità di sbagliare e ne abbia pagato le conseguenze.

Rileggo questo post e mi viene da sorridere. Ma abbiamo visto chi abbiamo in Parlamento in Italia al giorno d'oggi, tra giovani e non giovani? Mi sto lamentando che ci siano donne e giovani in politica? O forse non sarà che ne sono invidioso perchè avrei voluto essere dove sono loro (i giovani)? Forse entrambi. Il fatto di vedere tanti giovani occupare posizioni di rilievo in politica mi fa riflettere: io la trovo come la rottura di un tabù culturale (anzi, due). In Italia diciamo sempre che odiamo i politici di professione e che uno deve farsi la gavetta. In Danimarca ci insegnano che, innanzitutto, la politica è un lavoro, ed un lavoro vero. Sui generis, certo: non hanno nessun fiato del capo sul collo, ma in fin dei conti il loro capo siamo noi. Tocca a noi allora assumere responsabilità di esaminare da vicino quello che fanno e di non votarli. Non c'è nessuno da votare? Beh francamente lo trovo difficile da credere. Dall'altro lato, la gavetta è come una discriminazione positiva: rischia di diventare permanente. E di fatto, in Italia, lo è diventata: la classe dirigente è vecchia (59 anni di media) rispetto alla Danimarca, e molti giovani emigrano. Sul fatto che l'esperienza abbia creato dei buoni politici in Italia...beh! Ben venga allora la Danimarca che si assume il rischio di fare decidere a dei giovani!

Questa settimana ci sono state altre notizie interessanti... però me le tengo per un altro post... :)

Alla prossima puntata.
Buon lunedì a tutti.

Un abbraccio,
Francesco

Friday, September 14, 2012

Manuale di sopravvivenza in Danimarca: la pensione

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Ciao a tutti,

come disse un membro del gruppo Facebook di Italiani in Danimarca, “la maggior parte di voi ha in media l'età di Jobs quando lo buttarono fuori dalla Apple), ma se lavorate in Danimarca non dimenticate la pensione”. In effetti Italia e Danimarca hanno due sistemi pensionistici diversi: benché simili nella sostanza, sono molto diversi nella forma. Una cosa su cui mi sento di insistere è: non importa che ci vediamo o meno vecchi in Danimarca. Una volta che abbiamo la nostra pensione, possiamo farne quello che vogliamo. Molti pensionati danesi si comprano casa al mare in Italia e vanno li a svernare. Dal mio punto di vista è fare il meglio che possiamo ora, per avere il meglio che possiamo dopo.

Come funziona la pensione in Italia e Danimarca
Il sistema italiano va direttamente nella busta paga e detrae una percentuale a fini pensionistici (i famosi contributi) senza che il lavoratore debba pensare alla propria pensione, garantisce a chi ha lavorato una pensione più alta della minima in relazione al numero di anni lavorati ed ai contributi versati, senza che il dipendente se ne debba preoccupare. Il sistema danese invece garantisce solo la pensione minima e quinidi costringe a risparmiare fin da giovanissimi, a farsi mutui molto grandi su 30-40 anni per comprarsi una casa grande da vendere quando si andrà in pensione (andando ad arricchire il fondo pensione), oltreché a detrarre una parte del proprio salario a fini pensionistici, perché tutti riceveranno solo la pensione minima. Ogni buon danese di 30 anni ha a suo carico tre mutui: casa, macchina e studi (perchè se è vero che ogni studente danese riceve 6000 corone al mese per sei anni di studi universitari – circa 800 Euro – è pur vero che molti raddoppiano con prestiti d'onore perchè la vita nelle città universitarie maggiori è troppo cara).

Ok, ma in Danimarca? La folkepension
La pensione mimina è garantita anche in Italia, ma la pensione per chi ha lavorato dipende dai contributi, cioè da quanto il contribuente ha versato (percentuale del salario) e per quanti anni.
In Danimarca, tutti possono andare in pensione a partire dal 65.mo anno di età, indipendentemente da quanto si è lavorato. In Danimarca, la pensione minima (la folkepension) è garantita a tutti. Punto. Ma solo quella.
Gli stipendi all'estero sono più alti di quelli in Italia anche per questo motivo: il datore di lavoro non deve pagare nulla in più, tutto è in capo al dipendente.
Il resto di un ipotetico fondo pensione in Danimarca viene pagato dal lavoratore, trattenendolo volontariamente dal proprio salario, mettendolo appunto in un fondo pensione. Per avere l'intero ammontare della folkepension in Danimarca, è necessario passare in Danimarca almeno 40 anni dai 16 anni a 65. L'ammontare finale viene calcolato in quarantesimi , in base agli anni di permanenza in Danimarca, dal momento dell'iscrizione all'anagrafe (quando si ottiene il CPR). Per esempio, io sono arrivato in Danimarca quando avevo 31 anni, quindi potrò al massimo avere 34/40 di quella che in Italia chiamiamo la pensione sociale e che in Danimarca si chiama Folkepension.

Mi sembra la storia della cicala italiana e della formica danese...Ne discuto con alcuni danesi e dico “alla fine non mi sembra giusto che tutti riceviamo lo stesso, indipendentemente da quanto abbiamo lavorato (e quante tasse abbiamo pagato), perchè abbiamo contribuito differentemente al mantenimento del welfare”. Normalmente la risposta (candida, devo dire) è più o meno così: “Beh ma se hai versato molte tasse, vuol dire che hai guadagnato bene, quindi sta a te mettere da parte una parte del tuo salario in pensione”.


Cose da controllare quando si valuta un'offerta di lavoro in Danimarca.
  1. Salario su base annuale e non mensile: in Danimarca ci sono 12 mensilità mentre in Italia ed in altri paesi si applicano 13.80 o 13.92 mensilità. I paragoni, si sa, lasciano il tempo che trovano. Quando si cambia paese lo si fa anche e soprattutto perchè si ha bisogno di un cambio. Guadagnare di più o di meno, a questo punto, può non essere un fattore di cui teniamo in conto. Tuttavia, per avere un'idea di quanto guadagnerete e del tenore di vita che potrete affrontare, vi consiglio di prendere in considerazione il salario annuale.
  2. Piano pensione: come dicevo, in Danimarca l'impiegato può scegliere o concordare con l'impresa quanto trattenersi dallo stipendio e metterlo in un fondo pensione. Molte imprese offrono un piano pensione come parte dell'offerta di lavoro. Come per la A-kasse, pochi lo conoscono ma consiglio di farlo. Informatevi se c'è un'opzione presente nel contratto, in caso contrario contattate la vostra banca per un piano pensione privato. La quota del salario destinata al piano pensione non viene tassata (viene tolta dalla quota imponibile, quella su cui si pagano le tasse) e quindi si pagano meno tasse in totale, oltre a mettere da parte soldi per la vecchiaia.
  3. Il preavviso: in Danimarca, normalmente è di un mese durante i primi tre mesi e tre mesi per i seguenti tre anni di lavoro con lo stesso datore di lavoro, a crescere. Durante il preavviso, si continua a percepire il salario come se si lavorasse e le ore (ipoteticamente) lavorate, contano per il dagpenge. Se lasciate un lavoro per un altro, calcolate bene per non andare nei casini.
Spero che vi sia stato utile, anche se probabilmente noioso...aspetto i vostri commenti!
Come dice Umberto Eco, “Scusate la lunghezza, avevo poco tempo”.

Un abbraccio a tutti,
Francesco

Thursday, September 6, 2012

Manuale di sopravvivenza danese: Tak for sidst


Ciao a tutti,
Finalmente mi sono ripreso dalla depressione post-vacanze. Mi sono reso conto che una delle cose belle di vivere in Danimarca è partire per le vacanze. Perché una volta che sei abituato al prezzo della vita in Danimarca, soprattutto per i ristoranti, tutto ti sembra economico, uscire ai ristoranti diventa sempre di piú di un piacere e ti senti leggero leggero. Quando tornerai ”a casa”...beh innanzitutto non sarai piú in vacanza, e poi ti troverai a pagare una pizza margherita sui 10 euro e ti considererai fortunato.

Poi, complice il bel tempo delle destinazioni estive, ti sembra che tutti ti sorridano, il che mi ha dato l'idea per questo post. In principio, l'idea dell'interazione sociale ed umana è completamente diversa tra Italia e Danimarca (e vabbè, direte voi, mica c'è bisogno che ce lo dici tu). Eppure, a me non finisce di stupire. Per esempio i vicini: il vicino in Danimarca è tanto migliore quanto meno entra nella tua vita. Niente a che vedere con le sedie messe fuori dalla porta dai nostri nonni.

Per quanto riguarda i rapporti interpersonali, poi, io personalmente rimango spesso incastrato in alcune cose: prima, durante, e dopo la conversazione.
Innanzitutto, il saluto è una stretta di mano per le persone con un poca confidenza ed un abbraccio per gli amici. Una stretta di mano ferma ed un abbraccio senza pacche sulla spalla. Niente bacini, uno due o ”facciamo tre”, oppure ”partiamo dalla guancia destra o dalla sinistra?”. Nada. Mi ricordo uno dei miei primi giorni in Danimarca: venivo dal Belgio dove il saluto è sempre un bacio simultaneo e reciproco sulla guancia...immaginate la reazione del malcapitato danese???

Durante la conversazione, occhio al movimento del corpo, il famoso linguaggio non verbale. Finché non puoi dire di essere in confidenza (e l'alcol aiuta...) i danesi non si muovono, ti parlano guardando fissamente negli occhi e si aspettano che li si guardi negli occhi. A questo c'è anche una ragione pratica. Come ho scritto in un altro post, una volta dissi ad una mia insegnante di danese come facevano a capire tutte quelle piccole variazioni fonetiche fra parole che sono simili nella scrittura ma molto diverse nel significato. Quanto ci sarebbe voluto prima che anche io arrivassi a capire ogni parola? E lei mi rispose candidamente che ”Nemmeno noi capiamo ogni parola. Normalmente in una conversazione, noi danesi capiamo 50-60%, il resto lo indoviniamo dal contesto”. Per questo è importantissimo guardare negli occhi, anzi nelle labbra. Ti scappa una frase e sei fregato...

La cosa che più mi ha sorpreso, in positivo, è come si riallacciano le persone dopo l'ultimo incontro. Tak for sidst. Grazie per l'ultima volta. Anche se può sembrare triviale, è invece una parte fondamentale della cultura danese. Un modo per ricominciare, per richiamare la bella atmosfera dell'ultimo incontro, o forse solo per riallacciarsi. La cultura danese ha molte di queste piccole cose (no, non mi riferisco alle bandiere dappertutto...) che possono sembrare formalità, ma che io trovo una cosa molto bella e molto dolce, una cosa che potremmo e dovremmo imparare, piccole gentilezze che mettono di buon'umore. Soprattutto al ritorno dalle vacanze.

Buon ritorno a tutti!
Un abbraccio.
Take care,
Francesco



Wednesday, August 29, 2012

Rødgrød med fløde



Buongiorno a tutti, anzi god morgen. Scusate ancora il ritardo (ed i capelli) ma come ho detto in un altro post, la settimana scorsa ero a Bruxelles, e scusate anche la voce e le occhiaie, ma è stata una settimana...come dire? Intensa. Diciamo che ho fatto la mia parte per sostenere l'economia locale. Comunque, passiamo alla nostra lezione di danese per questa settimana, che come promesso si concentrerà su una pietra miliare nel processo di integrazione in Danimarca: rødgrød med fløde. La scelta è caduta qui grazie a coloro che hanno commentato il mio primo video su Facebook. È stato un bellissimo scambio di opinioni sul post ed in messaggi privati, che mi ha dato nuove idee per prossimi posts. Grazie davvero.

Questa frase è apparentemente innocua: significa budino di cereali (grød) rosso (rød, per via delle bacche che ci si mettono dentro) con formaggio morbido (fløde). In realtà, è un vero rito di iniziazione. Non appena proverete a parlare danese, ci sarà sicuramente un danese che vi chiederà di dirla. Tranquilli, comunque vada, non ce la farete mai al primo colpo e lo farete ridere. In fin dei conti bisogna ipotecare parte della propria reputazione ai fini dell'integrazione.

Questa frase mi permette anche di condividere alcuni trucchetti di fonetica. Della d ho accennato qualcosa nel primo video post. Ne parlerò in dettaglio in un prossimo post. Per ora, riconoscete il fonema? Vi ricordate quando dicevo che la d ha un certo fonema che si produce mettendo la lingua fuori ed appoggiandola sopra i denti?

Visto che ho promesso di lasciare i post sotto i due minuti, oggi parliamo della ø e la prossima volta parleremo della r.

La ø si pronuncia ø. Per parlare danese è necessario calarci in una realtà di suoni diversa da quella italiana. Non è solo il problema che non ci si capisca niente. Il problema è che mentre in italiano abbiamo otto fonemi corrispondenti alle vocali (à á è é i ó ò u), il danese ne ha più di venti. Come scrissi in un altro post, anche i danesi capiscono solo il 60% di quello che si dicono tra di loro.

È vero anche che finché la frase sarà strutturata bene, riusciremo a farci capire, ed a questo dedicherò un altro post (sto facendo più promesse di un politico). Tuttavia, dobbiamo perciò fare attenzione. Per esempio, alcune parole cambiano solo per una sola lettera ed una pronuncia non accurata rischia di far ridere più di rødgrød med fløde. Prendiamo ad esempio le parole bade (bagno), både (entrambi), bede (l'infinito di pregare), e bøde (multa). A seconda di come pronuncia la vocale, potremmo arrivare a convertire “Jeg skal på toilettet og tager en bade” (vado in bagno e mi faccio una doccia) in “ Jeg skal på toilettet og tager en bøde” (vado in bagno e mi faccio una multa).

Direi che non sono riuscito a mantere nemmeno la mia prima promessa (di tenere ogni video sui due minuti).
Spero comunque che nessun linguista se la prenda se ho semplificato un po'. Fatemi sapere se ho fatto confusione, se avete curiosità sulla lingua danese o avete dubbi su un argomento in particolare, oppure se magari preferite qualcosa più dedicato sulla fonetica, eccetera. Insomma, fatemi sapere. Compe sempre, il video è anche su youtube.

Quindi, all together now. Rødgrød med fløde.

Take care,
Francesco

Friday, August 24, 2012

Manuale di sopravvivenza in Danimarca: la disoccupazione (dagpenge)

Ciao a tutti.
Vi scrivo da Bruxelles e quindi niente video per questa settimana, anche se ho promesso un paio di contributi, che non mi sono scordato. Prometto di riparare la settimana prossima con una nuova lezione.
Oggi invece parliamo di lavoro. O meglio, come funziona in Danimarca quando il lavoro, ahimè, si perde.


Come vediamo, la Danimarca sta vivendo una nuova stagione di migrazioni. Non solo di immigrazione, ma anche di emigrazione, come ho scritto in un altro post. Nel gruppo “ufficiale” degli Italiani in Danimarca su Facebook, molti chiedono consigli su come si sta in Danimarca oppure come trovare lavoro, se la lingua è difficile, come è la vita sociale etc. Nella maggioranza dei casi, la scelta cade sulla Danimarca non per il clima piacevole, il buon cibo o la socialità delle persone, quanto per la ricerca di lavoro e di sicurezza sociale.
Premetto che personalmente, credo che nella ricerca di un lavoro conti di più la fortuna (o il caso) piuttosto che il nostro profilo o i suggerimenti che possiamo ricevere, come in tutte le attività che sfuggono al nostro controllo. Einsten lo diceva no? Per il successo di un evento (E), le azioni sulle quali abbiamo influenza (m) contano meno del caso (c al quadrato). Per chi volesse una lettura sul ruolo del caso nelle nostre vite, suggerisco Taleb ed il suo Cigno nero (no, non quello della Portman nel film).

Tuttavia, questo non è un post sul caso. Come dicevo, uno dei motivi per cui molti stanno dirigendosi verso la Danimarca è lo stato sociale: la Danimarca è uno dei paesi al mondo dove una persona può ancora vivere del proprio lavoro, indipendentemente dal lavoro. Nel caso rimanesse disoccupato, comunque non diventerà indigente perché lo stato provvederà alla sua sussistenza.

Ci sono vari modi in cui lo stato danese interviene. Parlerò del kontanthjælp (aiuto contante) e della folkpension (la “pensione del popolo”) in prossimi posts. Qui vorrei invece soffermarmi su quello che probabilmente più interessa chi sta attualmente lavorando o cercando un impiego in Danimarca, il dagpenge (letteralmente, moneta quotidiana), cioè: come avere diritto alla disoccupazione in Danimarca. Il post è un po' lungo (sorry) e per questo ho cercato di suddividerlo in domande, un sorta di FAQ.

Come fare per ottenere dagpenge?
Contrariamente a quanto si pensa, la Danimarca non ha alcun sussidio pubblico di disoccupazione. Esistono le A-kasser (da arbajde kasse, la cassa del lavoro): un'assicurazione facoltativa, variabile a seconda della A-kasse alla quale ci si iscrive (attorno a 50 € al mese), che provvede a pagare un sussidio di assicurazione pari ad una percentuale del salario (dipende dal salario) per un massimo di due anni. Basta digitare “A-kasse Danmark” su Google ed appariranno molti siti dove si confrontano prezzi e servizi. Il sussidio di disoccupazione è versato sotto forma di un ammontare che l'assicurato, disoccupato, riceve ogni giorno (da cui, dagpenge). Questa foto in internet lo spiega piuttosto bene.


A quali condizioni?
Il disoccupato non è semplicemente inattivo, ma è pagato per cercare lavoro a tempo pieno. Questo include l'invio di un numero di CV alla settimana, ed almeno un login alla settimana nel sito della A-kasse. La condizione principale è la residenza: per ottenere dagpenge si deve essere residenti in Danimarca, oltre naturalmente ad avere un CPR (conditio sine qua non). Ogni viaggio od uscita dalla Danimarca durante i giorni lavorativi deve essere comunicata alla A-Kasse che provvede a sospendere il pagamento per quei giorni. Inoltre, leggere sotto, è necessario avere lavorato un minimo di ore.

Quando?
Per avere diritto al dagpenge, l'assicurato deve avere lavorato almeno 1924 ore su tre anni. Attenzione: ai fini della A-kasse, le ore di lavoro vengono calcolate a partire da quando si è iscritti alla A-kasse: non vale lavorare 2500 ore, perdere il lavoro e poi iscriversi. In questo caso il computo delle ore per la A-kasse è zero.

Quanto?
Il dagpenge dipende se il lavoro contro la cui perdita ci si è assicurati è full-time o part-time (lo si dichiara al momento di iscriversi e la quota da pagare è diversa). Comunque, può essere fino a 17.073 corone al mese.

Quindi consiglio vivamente di iscriversi ad una A-kasse non appena si inizia un lavoro, full-time o part-time che sia, per non rischiare di lavorare per niente. L'iscrizione ed un lavoro per almeno 1924 ore (un anno full-time) qualsiasi danno accesso ad una buona disoccupazione per 2 anni, che permette di vivere dignitosamente mentre si cerca un altro lavoro oppure si cerca di cambiare la propria vita, per esempio fondando la propria impresa (anche di questo parlerò in seguito) Alcune sono anche un sindacato che dopo un certo numero di mesi di iscrizione paga anche eventuali spese legali per problemi sul lavoro.

Mi dispiace di avere scritto forse troppo, ma spero sia servito, non vedo l'ora di ricevere i vostri commenti sul blog nel caso abbia tralasciato qualcosa od abbiate domande!

Take care,
Francesco

Tuesday, August 14, 2012

Sopravvivenza quotidiana: cos'è udansk?


Ciao a tutti. 

Niente video per oggi, ma volevo condividere con voi una cosa di cui abbiamo parlato con alcuni amici non danesi, proprio come me. Si tratta di una parola che può spaventare e che può essere utile da conoscere per la sopravvivenza quotidiana in Danimarca. Viene tradotta come anti-danese, ma in realtà vuol dire inconsueto, inappropriato, non-come-dovrebbe-essere o non-si-è-mai-visto. Cos'è? Udansk

Forse avrete visto molte parole in danese che iniziano con la lettera U. A parte uddannelse (educazione), in quasi tutte le altre parole la U iniziale serve come negazione (come uhyggeligt = che fa paura).

Come sappiamo, la cultura danese fa spesso coincidere cultura patria e casa, soprattutto quando deve definire qualcosa in negativo. qualcosa di non-si-è-mai-visto-qui è udansk ma non ha connotati religiosi/patriottici/nazionalisti. Insultare le vecchiette è udansk, in italia diremmo "non s'è mai visto".

Per esempio, se digitiamo udansk in Google, il primo risultato delle immagini è una foto del leader di SF (ed attuale ministro) Villy Søvndal, che disse nel 2009 che un'azione di polizia (un'incursione notturna di sgombero in una chiesa occupata da richiedenti asilo) era udansk. Insomma, è come dire ”non ci appartiene, non fa parte del nostro bagaglio culturale”.
Søvndal: Udansk aktion - 1

Confesso che la prima volta che ho sentito da una persona che si lamentava il termine udansk, anche io sono balzato sulla sedia. Tuttavia è un'espressione e non deve spaventare, non scordiamoci che la Danimarca è/era molto omogenea culturalmente: patria, cultura, nazione concidono.

Quindi possiamo ben immaginarci come per un anziano il consueto sia danese, l'inconsueto sia non danese, ossia udansk. Mentre alcuni semplicemente non sanno come definirlo altrimenti e per altri può suonare po' old fashion, per altri è un'espressione che racchiude tanti significati in uno e risponde anche ad uno dei criteri della lingua danese: la praticità.

Buon (u)dansk a tutti.

Take care,

Francesco



Monday, August 13, 2012

Le presentazioni in danese

Ri-benvenuti nel magico mondo del danese per tutti (tutti gli italiani almeno). Come potete vedere dai contenuti, sono fermo da qualche mese. Sono stato moltissimo occupatissimo e poi in ferie.
Poi potrete vedere anche un'altra cosa, e cioè che questo blog o piccolo sito ha un formato nuovo, piú interattivo. Ossia, da oggi le lezioni (o lesioni) di danese saranno in video, mentre il testo del video sarà a seguire cosí che possiate leggere anche come si scrive. Cercherò di restare attorno ai due minuti per video, cosí che possa essere flessibile. Spero che sia un buon compromesso, fatemi sapere cosa ve ne pare commentando su questo post!

Partiamo dall'inizio, cioè dalle presentazioni. Innanzitutto scusate la pettinatura ma siamo a lunedí ed è duro per tutti. Comunque, quando due persone si incontrano per la prima volta di persona in Danimarca, c'è un rituale. Innanzitutto la stretta di mano forte o per lo meno ferma, lo sguardo fisso negli occhi e la conversazione va più o meno cosí.
A - "Hej, hvad hedder du?"
B - "Jeg hedder Francesco, hvad hedder du?"
A- "Jeg hedder Jonas (un nome qualsiasi), det glæder mig at møde dig".

Purtroppo questa è una di quelle espressioni che bisogna conoscere. Comunque possiamo vedere alcune cose che ci verranno utili in seguito.
1. Il fonema d: la lettera d dell'alfabeto si dice "de" ma si pronuncia d nel danese parlato. Non non vergognatevi di tirare fuori la lingua un po', almeno i primi tempi, per farvi capire bene e per prendere confidenza. Il danese ha molti piú fonemi dell'italiano e il d è fondamentale, anche se fa ridere.
2. L'espressione "det glæder mig" è traducibile come "mi fa piacere", in inglese per esempio c'è un aggettivo glad per dire felice.Si può usare in molte occasioni. Per esempio, se consigliate un ristorante ad un amico e poi ne è contento, allora potete dire "det glæder mig".

Spero che sia rimasto abbastanza corto e che possa essere di aiuto. Fatemi sapere cosa ne pensate!

Vi ses! (Ci vediamo...un'altra espressione da imparare a memoria :) )
Francesco



Thursday, June 7, 2012

Lezione n.5 - Il conto in banca in Danimarca: è davvero così facile?


Hej drenger og piger,
Ciao ragazzi e ragazze,

Riprendono le lezioni di danese con un caso pratico di sopravvivenza, 100% danese come la carne di maiale o le patate.
Se ti arriva a casa un foglio in danese dove l'unica parola che capisci è Konto, il primo istinto è quello di non firmare nulla. E ci mancherebbe. Se poi sopra c'è scritto anche SKAT, allora è meglio darci una seconda occhiata.

SKAT. Parola misteriosa ed ambigua che identifica il concetto di tesoro in ogni sfaccettatura. Vuol dire sia tasse (tesoro materiale) che amore (tesoro spirituale). Gli innamorati appiccicosi si chiamano skat tra di loro. I genitori chiamano skat i loro figli. Con la burocrazia c'è una relazione diversa: “Vuoi un caffè, skat?” “No, grazie. Mi accontento di farti pagare la macchina il doppio che a casa tua”.
Ma torniamo a bomba. Cioè alla lettera. Vedi la parola Konto ed a ben vedere segue un'altra parola. Nem, che vuol dire facile. Cos'è il Nem Konto? Vuol dire letteralmente "Facil-Conto". È una sorta di benvenuto nella burocrazia danese, che per la verità è piuttosto snella.

Il nem Konto è un conto corrente, il tuo conto corrente, quello ufficiale, è quello che scegli tu come conto corrente per i versamenti dagli enti pubblici: Ufficio tasse, comune, A-kasse ecc. E' dove vengono versati per esempio, i sussidi familiari o i rimborsi per le tasse. Già perché le dichiarazioni delle tasse, i vari 730, 740 etc., qui non si fanno. Te li fa Skat. E poi ti manda una lettera dicendo “Congratulazioni, questo è il tuo rimborso”. Ve lo dicevo che era snella.

Puoi avere diversi conti correnti, ma hai solo un nem Konto ed è necessario comunicarlo entro il primo anno di residenza. E' stato istituito per facilitare la vita non per complicarla...non è una società privata, è lo stato. Da quando una persona si registra (quindi entra in possesso del mitologico numero CPR e della carta gialla, la “gud kort”), si suppone che abbia almeno un conto corrente danese su cui depositare ogni entrata.

In un gioco dell'oca burocratico, per aprire un conto occorre essere registrati (avere il CPR). Comunque, meglio informarsi in banca perché alcune banche mandano avanti le pratiche perché sanno che la registrazione può durare mesi. A me, per esempio, tardò tre mesi, continuavano a dire che i miei documenti non gli arrivavano, finché non andai personalmente in ufficio, controllai lo schermo insieme all'impiegato e...meraviglia! Ero registrato da 2 mesi...

Comunque sia, il nem Konto è davvero facile. Non per niente il motto è “Dal pubblico al tuo conto”. Certo, è, che incrociando un paio di numeri (il CPR ed il nem Konto), ogni cittadino viene messo a nudo, il che suona un po' come il Grande Fratello. O come il vicino che non si vede mai in giro ma che sta sempre a spiare da dietro la porta socchiusa.

Alla prossima "lesione".
Francesco

Maggiori informazioni:

Sito del nem Konto: www.nemkonto.dk

Se hai il NemID si può andare sul sito: http://www.nemkonto.dk/da/Borger/Spoergsmaal-og-svar/Kan-jeg-aendre-min-NemKonto e qui puoi cambiare scegliendo login for selvbetjening

Tuesday, June 5, 2012

BE UP!


Nel forno c'è qualcosa di bello, preparato da Italiani a Bruxelles. Un pomeriggio tre amici Emiliano-Romagnoli hanno deciso che dovevano fare qualcosa ed hanno organizzato un evento a Bruxelles per raccogliere fondi da destinare alle aree colpite dal terremoto, hanno creato una pagina Facebook, un blog, un twitter ed hanno ricevuto tante adesioni da parte di artisti soprattutto italiani, che con Bruxelles hanno un legame speciale data la grande comunità italiana locale.

Ci saranno concerti ma soprattutto tanta tanta gente, e per questo servirà tanta tanta gente per ogni cosa: bar, servizio d'ordine, audio, pulizie...insomma ci sarà bisogno di volontari per tutta l'organizzazione dato che la priorità è raccogliere quanti più fondi possibili.

Se a questo aggiungiamo che Bruxelles è bellissima in Luglio...ANDIAMO???

Tuesday, May 8, 2012

È primavera!!!


È primavera! E cosa fanno i danesi quando è primavera? Si spogliano pur di esporre ogni centimetro di pelle al sole? Si, ma non solo. Bevono anche per strada e non solo chiusi in casa? Si, ma non solo. In primavera, i veri danesi rifanno il look al giardino e/o ne approfittano per rinnovare parte della casa. A me sono toccate entrambe le cose.
La parte della casa che ho contribuito a distruggere (da vero eroe moderno, preparando il rinnovamento...) era una veranda che abbiamo scoperto essersi retta per anni su di fondamenta sghembe, livellate con fogli di pubblicità (tipo le offerte della settimana) pressati uno contro l'altro. Alla faccia della qualità made in Denmark...
Ma andiamo con ordine. Come buon danese, il primo e piú importante attrezzo della vita quotidiana è un buon trailer, un rimorchietto che di solito viene usato per andare in Germania e caricarci alcol a basso prezzo.


Dopo viene la parte divertente, cioè la distruzione della struttura in legno ormai marcio, che viene giù che è un piacere.

Naturalmente, è un lavoro da uomini duri, con muscoli e cervello, come il marcantonio della foto.

Il trailer poi viene progressivamente riempito e portato alla discarica.

Ora vorrei sfatare un mito. I danesi non riciclano. Sono tutte bufale. Se fuori dai condomini di Copenhagen vedete ogni tanto due/tre cassonetti separati, dovete sapere che era un progetto pilota per la separazione dei rifiuti, ora sospeso. Se poi ve lo vendono come “alla fine aprono tutti i sacchetti e fanno lo scanner del codice a barre uno a uno e poi lo mettono nel cassonetto giusto”, dovete sapere che il motivo per cui il progetto era sospeso era che un giornalista aveva scoperto che poi mettevano tutto insieme (senza scansionare uno per uno)...Ogni buon danese butta tutto insieme (a parte il vetro) nello stesso sacchetto, tipicamente sotto il lavandino.

Dicevamo che il trailer viene portato alla discarica (che in danese si dice affald). Cioè, ad uno spiazzo a cielo aperto dove (lì sì) diversi materiali vengono messi in diversi containers (sabbia, pietre da costruzione, metallo, carta, strumenti elettronici). 

Si può sia depositare che prendere, il che lo trovo piuttosto hippy e mi piace. “La pietra scartata dai costruttori è diventata pietra d'angolo”, no? E a chi non piacerebbe essere quella pietra? E comunque, svelti, che le anche i containers sono a cielo aperto...

In fondo, la Danimarca è solo il paese con probabilmente la più alta concentrazione si pale eoliche per abitante.

Perchè dovrebbe tirare vento?
Un abbraccio a tutti e...riciclate!
Francesco

Sunday, April 29, 2012

Rassegna Stampa: allons enfants de la patrie!

Anche questa settimana sarà una rassegna stampa un po' speciale. Scusate le due settimane di assenza ma tra la ripresa del lavoro dopo Pasqua e la lotta con Google per gli Ads, i giorni sono volati. Sì perchè Google mi ha scritto dicendo che si registravano attività sospette sul mio account. In buone parole, qualcuno lo cliccava spesso. Orrore! Che poi gli tocca pagare!! Ci sono migliaia di bloggers che scrivono “cliccate sui miei Ads che non vi costa niente ed a me permettono di tenere in vita il sito”, che è espressamente proibito, ma naturalmente vanno a prendere me magari perchè qualche amico mio ha visto gli ads e sapendo di farmi un piacere li ha cliccati (no, non è stata mia madre). Comunque sia, odio Google e spero che presto venga assorbito da Yahoo. Comunque, mi sono appuntato ad alcuni programmi per avere nuovi banners e voila. Ho già detto che odio Google? Ma questa non era la notizia principale delle ultime – uh! Come vola il tempo – due settimane.

Notizia della settimana: ci sono state le elezioni presidenziali in Francia. E a noi cosa ci importa? Non viviamo in Danimarca? Beh ve l'avevo detto che era una rassegna stampa un po' speciale...e comunque alla finela Danimarca c'entra sempre (non sarete voi di quelli che pensano che è importante solo quello che succede in Danimarca, no?). Perchè la Francia, si sa, è un laboratorio di movimenti sociali in Europa.

http://rassegnastampadelgiorno.blogspot.com/2012/04/allons-enfants-de-la-patrie.html

Monday, April 16, 2012

Rassegna Stampa della settimana

Questa settimana sarà una rassegna stampa un po' speciale. Sono tornato a Parma per Pasqua ed ho trovato  questo libro con titolo che ho trovato profetico che mi ha dato l'idea per un nuovo post. Stavo passeggiando per le vie centrali di Viborg (due, e quindi meritano il plurale), quando mi sono imbattutto in una bancarella di libri...

http://rassegnastampadelgiorno.blogspot.com/2012/04/what-am-i-doing-here.html

Thursday, April 12, 2012

Sopra la panca la capra...

...beh non so voi, ma io non mi ricordo mai cosa fa la capra, se campa o se crepa, e soprattutto dove.

Ma...(incredibile ma vero, era l'introduzione)...so dove balleranno le mucche e quando!
Forse anche a voi sarà capitato di recente di bere del buon latte danese e di vedere questa immagine sul cartone, che dice "Vieni a vedere le mucche che ballano!" (PS per chi avesse voglia di imparare il danese, c'è sempre il mio blog lezionididanese.blogspot.com)
Comunque, "Settembre andiamo, è tempo di migrar", chi non se lo ricorda? Eh si perché le mucche a settembre e vengono portate al chiuso per passare l'inverno al caldo.
Poi quando la stagione migliore arriva anche qui, prima o poi e con moooolta pazienza vengono lasciate libere di scorrazzare nei prati per tutta la stagione estiva.
Insomma, come reagiremmo noi se potessimo uscire dopo sei mesi di galera? Non so voi, ma io probabilmente come una mucca dopo sei mesi in una stalla.
Eh si perchè le mucche hanno una gran voglia di sgranchirsi le gambe o per per meglio dire..."ballano"! E visto che la Danimarca è un paese per famiglie, il tutto si è trasformato in un evento per famiglie. Ogni anno, in occasione dell'apertura della stalla, tante famiglie ma non solo si riuniscono sui prati delle fattorie e guardano le mucche ballare. (In forndo, è una giornata all'aria aperta e per quanto mi riguarda, è da un po' che non vedo niente ti così rurale, e la cosa mi manca. Le caprette che andavo a trovare quando avevo cinque anni sull'argine della Parma con i miei nonni non ci sono più da almeno 25 anni...)

Come essere sicuri di non mancare?
Arla Food, il gigante danese del latte e derivati, apre le porte delle proprie fattorie ecologiche per quello che si chiama l'Arla Økodag e quest'anno cade il 22 Aprile.

Come fare per vedere le mucche che ballano? 
Niente di più semplice. Prendere il vestito della festa, possibilmente bianco e...nooooo! Andate sul sito di Arla, cercate la fattoria più vicna a voi, cercare nell'armadio o chiedete ai vicini se hanno vestiti da buttare via o magari vi possono prestare qualche vestito che loro stessi hanno usato per in queste occasioni e...sperate di avere il raffreddore!

Buona giornata delle mucche danzanti a tutti!

Francesco




Saturday, April 7, 2012

La Pasqua non ferma le notizie...


Per chi sta seguendo le mie disavventure alla ricerca di un lavoro in Danimarca: no, il jobcenter non mi ha chiamato. Ho anche provato a chiamare ma la signorina mi ha detto “beh evidentemente avranno perso il post it con il tuo numero o il tuo nome”...evidentemente.
Ora si spiegano le notizie che appaiono su alcuni giornali locali: il 97% di coloro che trovano un impiego...lo trovano con il jobcenter? Taaaa! Errore! Lo trovano fuori dal jobcenter! I nostri super compagni di Metro hanno fatto un'altra indagine di frontiera. Sono andati in Syddanmark (che comprende sia Sønderjylland che Fyn) ed hanno scoperto che solo il 3% trova lavoro tramite il jobcenter. Osservatori internazionali segnalano containers carichi di post it con nomi e numeri di disoccupati che prendono il mare da Esbjerg. Almeno non sono il solo...
Leggi la rassegna stampa danese della settimana su: http://rassegnastampadelgiorno.blogspot.it/2012/04/mal-comune-mezzo.html

Buona Pasqua a tutti!
Francesco

Monday, April 2, 2012

Lesione 4: bestemt e ubestemt

Ri-benvenuti nel fantastico mondo del danese per tutti.
Lo so che ci stiamo mettendo un po' troppo tempo, la vita frenetica di tutti i giorni vorrebbe un corso online, anche se mini come questo, più adatto alle sue esigenze. Prometto di fare il possibile per pubblicare più di una volta a settimana. Nel frattempo, non esitate a lasciare domande nello spazio per i commenti sotto ogni post, farò il possibile per rispondere in modo sensato ed a tempo.

Detto questo, come promesso oggi parliamo di bestemt e ubestemt.
Parentesi: cosa significa bestemt/ubestemt? Lo traduciamo come definito, ma vuole anche dire deciso. 
Stemme significa voce o anche voto. Quanti si ricordano quel reality show (o alla danese, sjov) dal titolo "Voice - Danmarks største stemme" La voce (stemme) più grande (in questo caso, migliore, o all'inglese greatest)? Comunque sia, vi capiterà spesso di incontrare parole che iniziano con be-. È il caso di tutti i verbi che derivano da sostantivi, come appunto bestemme, che vuol dire votare o decidere. Il danese usa moltissimo i sostantivi per farne dei verbi o anche sostantivi composti con preposizioni per fare dei nuovi sostantivi. Per esempio esibire è opvise (vise=mostrare) o espressione è udtryk (letteralmente "fuori tirare").
Chiusa parentesi.

Quello che abbiamo visto sinora erano forme ubestemt, indefinite: en bil, et hus etc.. Le usiamo quando si parla di una macchina o una casa qualsiasi, indefinita appunto.
Quando sappiamo benissimo di quale macchina o casa parliamo, allora la forma diventa bestemt, definita: bilen, huset cioè la macchina, la casa.

Cosa succede con il plurale? Buona domanda. En-ord ed et-ord si ripappacificano ed il plurale diventa un unico -ne, o -ene... o -e, come nell'esempio qui sotto. Sfortunatamente non ci sono regole precise e molto dipende da come "suona". Sì, sembra strano da dire, ma anche il danese ha una sua musicalità.



E cosa succede quando passiamo dal ubestemt al bestemt, con un aggettivo??
Ubestemt: l'aggettivo si coniuga con l'articolo e il nome rimane invariato (lezione 3). Cioè: en stor bil, et gammelt hus.
Bestemt: facilissimo! l'articolo si prende tutto. Come dire: la vita è più semplice se usi più decisione. (è curioso che invece gli ambienti di lavoro danesi con tempi più lenti di decision-making e con il più alto numero di riunioni a livello europeo...ma questa è un'altra storia).



Allora, adesso i compiti come al solito. Cerchiamo per questa settimana di riconoscere nei giornali mattutini o nelle pubblicità o dove vi pare, una decina di parole bestemt...oppure riconoscere che sono ubestemt e cercare di fare il bestemt.

Buona settimana danese a tutti!


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